Un avvocato…fuori dall’ordinario: mia intervista per QueerMagazine

Riporto il testo integrale della mia intervista uscita su QueerMagazine di gennaio 2016 e raccolta da Mauro Caldera per la rubrica QueerJobs.

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Un avvocato…fuori dall’ordinario. A tu per tu con Simone Aliprandi


Simone Aliprandi è un avvocato e formatore attivo nel settore della proprietà intellettuale e più in generale nel diritto del settore ICT. Ha un dottorato in Società dell’informazione ottenuto nel 2012 presso l'Università di Milano-Bicocca e ha all'attivo diverse pubblicazioni e partecipazioni come relatore a convegni ed eventi di divulgazione. Dal 2009 è membro del network di professionisti Array (www.array.eu) e nel 2014 ha pubblicato il libro Il fenomeno open data.

- Simone, tu sei un avvocato e divulgatore tra i più riconosciuti nel settore degli open data. Spiegaci meglio di cosa si tratta...
La rivoluzione digitale e la diffusione di internet a livello globale hanno portato il fenomeno che generalmente chiamiamo “big data”: una nuova forma di economia in cui il “petrolio” sono proprio i dati, cioè tutte le preziose informazioni che possono essere estratte dai miliardi di byte che ogni secondo vengono condivisi in rete: tweet, immagini, geolocalizzazioni, documenti. Semplificando, potremmo dire che gli open data sono il lato “aperto” dei big data, nel senso che sono quei dati diffusi con un approccio fin dall'inizio slegato dai tradizionali vincoli del copyright e quindi predisposti per loro natura ad essere riutilizzati, ripubblicati, rimaneggiati liberamente.

- E in quali termini un legale può essere utile in questo settore?
Io, fin dalla laurea mi sono quasi sempre occupato di proprietà intellettuale e più nello specifico di licenze di diritto d'autore. Il mio lavoro sta proprio nel consigliare coloro che pubblicano o riutilizzano dati, documenti e contenuti creativi in merito alla corretta gestione del copyright. D'altronde, gli open data sono “aperti” proprio grazie al fatto che vengono rilasciati con specifiche licenze d'uso e dunque c'è bisogno di qualcuno che conosca questi strumenti e sappia gestire questi risvolti giuridici estremamente specialistici.

- Quindi non sei il classico avvocato che con giacca, cravatta e faldoni sottobraccio si reca tutte le mattina in tribunale…
Assolutamente no. Il mio lavoro si sta ormai concentrando quasi esclusivamente sulla pura consulenza. Il più delle volte lavoro direttamente con coloro che creano i contenuti o che devono realizzare le piattaforme e i software per gestire i dati. Inoltre è molto più frequente che sia io a recarmi dai clienti piuttosto che loro a venire da me in studio; e sempre più spesso la consulenza viene svolta da remoto, attraverso videoconferenze e scambi di email.

- Lo scorso aprile hai lanciato il sito JurisWiki.it, la prima banca dati giuridica ad accesso aperto. Possiamo quindi dire che oltre a fare consulenza tu stesso porti avanti progetti in questo settore?
Sì, possiamo dirlo. Attualmente JurisWiki è un mio progetto sperimentale che rientra a pieno titolo nella mia attività di avvocato. Si tratta infatti di un sito web di informazione giuridica con l'ambizione di diventare uno dei principali punti di riferimento per i giuristi. Come dice la parola stessa si tratta di un “wiki del diritto” in cui gli avvocati possono caricare autonomamente le sentenze che hanno ottenuto presso i tribunali. Le pronunce dei giudici sono infatti una preziosissima fonte di informazione sia per noi addetti ai lavori sia per i cittadini che devono poter sapere con massima trasparenza come vengono applicati i principi giuridici nelle aule dei tribunali. Le sentenze sono documenti non coperti dal diritto d'autore quindi possiamo in un certo senso dire che sono di per sé una forma di open data.

- Ma allora dove sta l'impatto innovativo del tuo progetto?
Semplice. Fino a poco tempo fa le sentenze erano disponibili unicamente all'interno di banche dati realizzate da grandi case editrici e diffuse dietro abbonamenti spesso molto costosi. Il mio sito, oltre a raccogliere in un unico repository le sentenze pubblicate sui siti ufficiali delle massime corti (Corte Costituzionale, Cassazione, Consiglio di Stato...), propone un modello di raccolta dei documenti basato sul crowdsourcing. Le sentenze sono caricate direttamente dagli avvocati o dalle parti in causa. In Italia abbiamo quasi trecentomila avvocati. Se ciascuno di loro caricasse sulla piattaforma anche solo una sentenza al mese, nel giro di un anno avremmo un database con la qualche milione di sentenze, liberamente disponibili a tutti sul web, senza costi di abbonamento.



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